Università: perché dovresti scegliere solo la facoltà che ti piace

Marco Rotunno
8 min readDec 18, 2020

Ho avuto la fortuna di poter studiare in università fino al quinto anno di magistrale. Il mio percorso accademico è stato tutto meno che noioso. Sono partito facendo una triennale in scienze della comunicazione alla statale di Milano, in cui ho avuto la possibilità di concludere il terzo anno presso la De Montfort University of Leicester.

Quell’esperienza Erasmus mi ha totalmente cambiato la vita, non solo perché ho avuto la possibilità di partire da solo e rimanere lì per 9 mesi, ma anche perché ho potuto cambiare totalmente il mio approccio con l’inglese. Sono passato dal riuscire a malapena a comprendere i testi delle superiori, a capire molto bene sia il parlato che lo scritto. Questa condizione mi ha fornito le basi per accedere realmente nell’era digitale.

Penso infatti che l’inglese sia diventato ormai un requisito base per riuscire a comprendere realmente le potenzialità offerte dalla rete. Grazie alla conoscenza della lingua è possibile accedere ad un mondo decisamente più vasto, ricco e dove è molto semplice accedere gratuitamente a contenuti di alta qualità. Contenuti simili, e spesso qualitativamente inferiori, vengono invece venduti anche a caro prezzo se si cercano in lingua italiana.

Che dire, sia l’esperienza in Italia che all’estero della triennale hanno fatto parte di un tragitto indimenticabile. Mi ricordo ancora quanto ero felice di prendere il treno per andare a Milano, anche solo per fare poche ore di lezione, e passare poi il resto della giornata in aula studio o in biblioteca con alcuni compagni di corso.

Per non parlare della biblioteca dell’università a Leicester, una vera figata. Una struttura enorme disposta du 4 piani, con aule per la presentazione, spazi per il co-working, iMac dove trovavi tutto ciò che avevi salvato grazie all’account universitario, e tantissimi libri di alto valore. Ma cosa ancora più bella, il caffé di Starbucks disponibile al bar al piano terra, e la possibilità di stare in biblioteca quanto volevi. Infatti era aperta 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Si ferma praticamente solo a Natale e Capodanno. Qualcosa che per me era impensabile, e devo ammettere che è una delle cose che mi manca di più qua in Italia.

Tornando al mio percorso, ho compreso poi che più che la comunicazione, che ritengo assolutamente importante, mi interessa il mondo del business e dell’imprenditoria. Così, sempre grazie alla conoscenza acquisita della lingua inglese, ho potuto scegliere di frequentare la magistrale in Global Entrepreneurship and Economic Management (GEEM) dell’università degli studi dell’Insubria.

Sono stati due anni semplicemente fantastici, in cui ho avuto modo di partecipare all’Exchange Program presso l’università di Nuova Delhi per quasi 3 mesi (sono dovuto scappare prima a causa della pandemia). Nel complesso mi è piaciuto davvero molto questo corso. Ogni giorno non vedevo l’ora di arrivare in aula e seguire le lezioni dei professori. Mi ricordo ancora i primi giorni, quando mi resi conto che non ero abituato a partecipare alla lezione. In triennale era molto limitata la partecipazione, anche perché con 250 studenti sarebbe risultato molto difficile.

Inoltre la timidezza, una caratteristica che ha sempre fatto parte di me, mi offriva un sacco di scuse per non partecipare. Alla fine mia pronuncia in inglese non mi ha mai fatto impazzire, e poi pensavo, vabé risponderà qualcun altro. In più in molti del corso avevano frequentato una triennale in inglese, e conoscevano la grammatica alla perfezione. E che dire di quelli che avevano una triennale in economia? Io le basi me le ero costruite da solo, leggendo libri, articoli di blog e guardando video su Youtube. Non avevo svolto un percorso accademico completo.

Tutti questi pensieri mi impedivano di partecipare come avrei voluto. Ma la voglia di entrare nel vivo delle lezioni era così forte, che mi ha fatto superare anche quella barriera. E così passai nel giro di poco tempo ad essere uno degli studenti più attivi, partecipando, facendo domande, e mettendomi sempre tra i primi banchi.

Se qualcuno che ha fatto le superiori con me dovesse leggere questo articolo, si scandalizzerebbe probabilmente. Chi mi ha conosciuto in quegli anni mi ricorderà come il ragazzo che stava all’ultimo banco, seguiva solo alcune materie e professori, e non brillava certo per i risultati scolastici.

Eppure è proprio questo il punto centrale di questo articolo. I miglioramenti che ho fatto, i risultati universitari che ho ottenuto, li ho ottenuti perché ho fatto ciò che mi piaceva e che mi appassionava in quel momento. Saltare una lezione universitaria per me era un dramma. Non perché pensavo a passare l’esame, ma perché mi sarei perso un’occasione unica e irripetibile di ascoltare persone competenti parlare di ciò che mi piaceva, e interagire con loro.

Gli esami erano un modo per mettermi alla prova, e il voto mi interessava non tanto per alzare la media, ma per essere sicuro di aver capito bene gli argomenti. Posso dire di aver frequentato le lezioni universitarie così come erano state pensate secoli fa, in cui si studiava per amore della conoscenza, e non per trovare un lavoro futuro.

Io penso che, approcciandosi in questo modo alla vita universitaria, tutto diventa possibile. I risultati che arrivano, a livello di valutazione, sono una semplice conseguenza di quanto interesse e passione ci hai messo per frequentare quel corso. E così, anche se non ero focalizzato sul raggiungimento della lode, la lode è arrivata, senza che io facessi alcuno sforzo, senza che io la cercassi disperatamente.

Credo che in pochi, finiti gli studi, provino anche una sensazione di profonda tristezza. Per me è stato così. Anche se ho un sacco di fiducia per il futuro, e da una parte non vedo l’ora che arrivi il mio momento di concretizzare la mia carriera, costruirmi una vita e tutte quelle cose che la maggior parte degli esseri umani ambisce a realizzare. Dall’altra parte sono molto triste che un periodo così bello sia finito.

Posso dire di aver amato davvero il mio percorso universitario, e lo rifarei mille altre volte. Mi sono piaciute tantissimo le materie che ho studiato, e il modo con cui ho cercato ti provarle sulla mia pelle. Mi ricordo ancora di quando frequentai il corso di informatica, e mi misi subito a provare a realizzare un sito web in html, css e JavaScript. O quando all’università di Leicester mi insegnarono a utilizzare Photoshop e Illustrator, e andai verso la fine del percorso a noleggiare dei corsi avanzati nella biblioteca, per accrescere ancora di più le mie conoscenze su quei programmi.

E come non ricordarmi di quando, pur di provare i modelli statistici e matematici appresi nel corso di laurea magistrale, mi misi a sperimentare con pura fantasia, dei modi per analizzare il sito web che gestivo e di cui ero cofondatore. Si tratta di un sito in cui facevamo guide all’acquisto, basando la strategia 100% sulla SEO. Quanto era divertente provare a trovare modelli per comprendere quali guide erano le più performanti, quali argomenti trattare per massimizzare i risultati e ridurre l’utilizzo di risorse.

Per non parlare del team building. Mi sono divertito tantissimo a cercare persone da arruolare per scrivere gli articoli, e provare a dargli le giuste motivazioni. Così come la soddisfazione che provavo quando vedevo i miglioramenti che facevano nello scrivere gli articoli grazie ai consigli che gli davo.

Tutto questo è potuto avvenire perché ho amato quello che ho fatto. Se avessi scelto una facoltà solo con lo scopo di trovare lavoro, come ingegneria o medicina, probabilmente a quest’ora non avrei fatto tutte queste cose. Anche se mi affascinano come temi, so che non si tratta di ciò che mi appassiona davvero, che mi stimola e che mi fa muovere.

Magari non troverò comunque il tipo di lavoro per cui ho studiato, ma avendo fatto tutto questo per passione, non ne farei un dramma. Questi anni passati mi hanno dato tantissimo. Chi si approccia invece allo studio solo con l’idea di trovare lavoro in futuro, percepisce quegli anni come un sacrificio, come un qualcosa che ha “tolto” invece che dare. Ritarda l’ingresso del mondo del lavoro, e se non si trova qualcosa per cui si ha studiato, è un dramma.

Mi dispiaccio troppo quando sento dire “ho buttato via anni della mia vita”. Il brutto è che non posso neanche dare torto a queste persone, perché li hanno buttati per davvero via quegli anni, ma per il semplice fatto che li hanno passati con l’attitudine sbagliata.

Io non mi sento di aver buttato via nulla. Perché gli anni che ho passato sono stati favolosi, ed ogni anno speciale che passo non sarà mai un anno buttato via. Potrebbe capitare che le conoscenze che ho acquisito potrebbero non servirmi in futuro, ma non sono comunque buttate via.

Un altro problema di chi si approccia all’università con la mentalità sbagliata, è che vive questi anni con estremo stress e ansia. Chi vede lo studio come un investimento puramente economico, deve prendere il massimo per massimizzare il proprio investimento. E così ho visto persone fare di tutto per raggiungere 110 e lode, in modo tale da avere una certezza in più per trovare lavoro una volta usciti. Oppure ho visto persone venire a lezione solo per risultare frequentanti, e lamentarsi tutto il tempo del fatto che dovevano stare lì.

Se sei arrivato a leggere fino a qui innanzitutto ti ringrazio. Oggi più che mai l’attenzione è una delle forme di valore più alto, e se hai deciso di dedicarne una parte per leggere questo articolo posso solo essertene grato. Quello che ho scritto non vuole essere un auto elogio, anche perché non ritengo di aver fatto assolutamente niente di speciale.

Quello che voglio è solo offrirti un punto di vista diverso, e farti comprendere che fare ciò che ti piace, può portarti solo ricchezza e benefici. Potrebbe in alcuni casi non portare ricchezza materiale forse, ma quello che ti darà varrà molto più dei soldi.

Anzi penso che se una persona è focalizzata solo sul guadagno, non dovrebbe proprio iscriversi all’università. Iniziare a lavorare fin da subito, probabilmente può offrirti molte più possibilità di guadagno. Imparare qualcosa di pratico, e magari anche difficile, per poi vendere la propria manodopera in paesi dove pagano di più, è probabilmente uno dei modi migliori per guadagnare.

Iscriviti all’università invece se ami la conoscenza, la condivisione e il confronto. Studia quello che ti piace, e arricchisci in questo modo la tua mente e il tuo spirito. Se ti iscrivi alla facoltà che ti piace, i risultati saranno la semplice conseguenza della tua passione, e le probabilità di eccellere saranno di gran lunga superiori.

Infine, quando decidi di concentrarti su ciò che ti piace, ti godrai anche il percorso, ed è il modo migliore, e forse anche l’unico, per vivere nella felicità.

Se sei quindi indeciso sulla facoltà da scegliere, prendi in considerazione il consiglio di una persona che ha avuto la fortuna di scegliere ciò che gli piaceva. E sopratutto fregatene dei giudizi. Non ascoltare il parere di chi non comprende alcuni principi base della vita. Non ha senso studiare ciò che non ti piace, solo per trovare in futuro un lavoro che probabilmente non ti piacerà. Abbiamo la fortuna di vivere in un mondo di infinite possibilità, e non ha senso sprecare questa fortuna immensa facendo ciò che non ci piace.

La vita è davvero troppo breve per passarla facendo qualcosa per cui non siamo portati. Goditi il percorso, perché è quello che conta di più, e vedrai che arriverà anche il risultato finale.

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